Si legge e si sente parlare in giro spesso della filosofia Zen, applicata al modo di pensare, di comportarsi e perfino all’arredamento. Eppure in pochi sanno davvero cosa sia lo Zen.
Le frasi sullo zen vogliono condividere con noi un po’ di quella saggezza sperando che possa aiutarci nel nostro percorso di vita.
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- Cerimonie e rituali sono pratiche eseguite dal corpo, per cui è impossibile praticarle quando si sta facendo qualcos’altro. Recitazioni e invocazioni sono pratiche eseguite vocalmente, per cui questi esercizi devono essere messi da parte quando si sta parlando di qualcos’altro. La contemplazione dei principi è una pratica eseguita dall’intelletto, per cui non si può fare quando si sta pensando a qualcos’altro. Ma l’operare Zen non viene eseguito dal corpo, dalla parola o dall’intelletto; allora che cosa può essere definito importante?
- L’idea di rafforzare lo yang attingendo allo yin è sbagliata. Chi promette di cibarti di immortalità, ti inganna con vane parole.
- In effetti noi non siamo affatto la scuola Soto. Siamo buddhisti e basta. Non siamo nemmeno buddhisti zen. Se comprendiamo ciò, siamo veramente buddhisti.
- Non muovere mai l’anima senza il corpo, né il corpo senza l’anima, affinché difendendosi l’uno con l’altra, queste due parti mantengano il loro equilibrio e la loro salute.
- Se il nostro amore è solo una volontà di possedere, non è amore.
- Cerca di non giudicare gli altri. Se giudichi gli altri, non stai dando nessun amore.
- È uno yogi eccelso chi guarda con mente equanime tutti gli uomini: benefattori, amici, nemici, stranieri, mediatori, esseri odiosi, parenti, peccatori e santi.
- La cosa migliore e più sicura è avere equilibrio nella tua vita, riconoscere i grandi poteri attorno a noi ed in noi. Se riesci a farlo, e vivere in quel modo, sarai davvero una persona saggia.
- Tutti sanno che il bello è bello, e da ciò conoscono il brutto; tutti sanno che il buono è buono, e da ciò conoscono il non buono; perché Essere e non-essere si generano l’un l’altro, difficile e facile si completano l’un l’altro, lungo e corto si confrontano l’un l’altro, alto e basso si invertono l’uno nell’altro, suono e voce si armonizzano l’un l’altro, prima e dopo si seguono l’un l’altro.
- Non conta la durata della vita, ma la sua profondità.
- Nella sua essenza, lo Zen è l’arte di vedere nella propria natura.
- C’è sempre qualcosa che ti ricopre di merda. […] E nelle diverse culture hanno trovato molte diverse risposte a questo, per esempio […] i buddhisti […] dicono: “In realtà, questa non è vera merda!”
- Il Tao generò l’Uno,
l’Uno generò il Due,
il Due generò il Tre,
il Tre generò le diecimila creature.
Le creature voltano le spalle allo yin
e volgono il volto allo yang,
il ch’i infuso le rende armoniose. - La morte sorride a tutti, un uomo non può far altro che ricambiarle il sorriso.
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- Se alzo così la mano, c’è lo Zen. Ma se affermo di aver alzato la mano, non c’è più lo Zen.
- Lo Zen evita l’errore dell’unilateralità insita sia nel realismo che nell’idealismo.
- Chi ama non fa distinzioni.
- L’importanza della coppia di contrari Yang-Yin consiste nel fatto che essa non soltanto è servita come modello di classificazione universale, ma che – oltre a questo – è stata sviluppata in una cosmologia che da un lato sistematizzava e conferiva validità a numerose tecniche del corpo e discipline dello spirito e, dall’altro, invitava a speculazioni filosofiche sempre più rigorose e sistematiche.
- L’amore è un frutto che matura in ogni stagione ed è sempre alla portata di ogni mano.
- È un errore pensare che starsene seduto in calma contemplazione sia cosa essenziale per la liberazione. La verità dello Zen si dischiude da sé dall’interno e non ha nulla a che fare con la pratica del dhyāna. Infatti si legge nel Vajracchedikā che coloro che cercano di vedere il Tathāgata riferendosi a lui come uomo in un qualche atteggiamento, quando sta seduto o quando è disteso, non capiscono ciò che fa di lui un Tathāgata, un Tathāgata essendo così designato perché non viene da nessun posto e non va in nessun posto, per questo è un Tathāgata. Non appare da un «donde» e non scompare passando altrove e questo è lo Zen. Quindi nello Zen non vi è nulla da raggiungere, nulla da capire; che cosa è, dunque, quello starsene a gambe incrociate a praticare il dhyāna? Alcuni possono pensare che per rischiarare le tenebre dell’ignoranza sia necessario un uso speciale dell’intelletto; ma la verità dello Zen è un assoluto, nel quale il dualismo non esiste e che non ammette una qualche condizionalità.
- Questa interazione fra i poteri yin e yang, fra queste energie, dà luogo all’intero mondo fenomenico. Nessuno dei due poteri, in effetti, può dirsi completo in sé, né può stare da solo, mentre la loro reciproca combinazione e cooperazione dà origine a tutte le forme e le varietà di esistenza della Natura.
- Quando voi diventate voi, lo Zen diventa Zen. Quando voi siete voi, vedete le cose così come sono e diventate tutt’uno con ciò che vi circonda.
- Amore e compassione sono necessità, non lussi. Senza di loro l’umanità non può sopravvivere.
- Veder collegare lo Zen — qualunque cosa s’intenda per esso — con il tiro con l’arco deve apparire alla prima un intollerabile avvilimento. Anche se per generoso spirito di conciliazione si accettasse di considerare il tiro con l’arco un'”arte”, difficilmente si sarebbe disposti a cercare in essa qualcosa di diverso da una prestazione chiaramente sportiva. Ci si aspetterà dunque di sentir parlare di mirabolanti prodezze di maestri d’arco giapponesi, i quali hanno il privilegio di potersi richiamare a una veneranda tradizione nell’uso dell’arco e delle frecce, mai definitivamente abbandonata. Sono infatti soltanto poche generazioni che nell’Estremo Oriente le armi moderne hanno soppiantato, s’intende in caso di guerra, i vecchi strumenti di combattimento; ma l’uso di questi non venne mai interrotto e continuò a diffondersi, e da allora viene coltivato in una cerchia sempre più vasta. Chi si attenderà dunque una descrizione del modo particolare con cui si pratica oggi in Giappone il tiro con l’arco come sport nazionale?
- Le opere di Daisetz Teitaro Suzuki sullo Zen sono da annoverare tra i più alti contributi del secolo allo studio del Buddhismo attuale, così come lo stesso Zen rappresenta il frutto migliore germogliato dall’albero le cui radici sono raccolte nel Canone Pali. Non possiamo essere abbastanza grati all’autore sia perché egli ha reso lo Zen più accessibile alla cultura occidentale sia per il modo con cui egli ha raggiunto lo scopo.
- Lo zen non è una forma di eccitazione o agitazione, bensì concentrazione sulla nostra solita “routine” di tutti i giorni.
- L’importanza della coppia di contrari Yang-Yin consiste nel fatto che essa non soltanto è servita come modello di classificazione universale, ma che – oltre a questo – è stata sviluppata in una cosmologia che da un lato sistematizzava e conferiva validità a numerose tecniche del corpo e discipline dello spirito e, dall’altro, invitava a speculazioni filosofiche sempre più rigorose e sistematiche.
- Vivi senza aspettative. Affrontare la vita con aspettative porta inevitabilmente alla frustrazione, sempre e comunque.
- Quando proviamo amore e gentilezza verso gli altri, questo non solo fa sentire gli altri amati e coccolati, ma aiuta anche noi stessi a sviluppare pace e felicità.
- Rendi il tuo spirito simile al vento, che passa su tutte le cose senza attaccarsi a nessuna di esse.<
- Il beneficio principale dello Zen, nel contesto dei normali alti e bassi della vita, non sta nell’impedire gli svantaggi e nel favorire i vantaggi ma nell’indirizzare le persone verso la realtà fondamentale che non sottostà all’influenza degli alti e bassi.
- Per gli studenti zen l’erbaccia è un tesoro.
- Non pensare a nulla è zen. Una volta riconosciuto questo, camminare, stare in piedi, sedere o coricarsi, qualunque cosa fai è zen.
- Quando ti aspetti qualcosa, quando miri a qualcosa, lì diluisci la tua energia; dividi la tua energia, dividi la tua attenzione e diventa più che il posto dello yin e dello yang. Non solo dividi, ma crei il problema.
- Quando i mortali sono vivi, si preoccupano della morte. Quando sono pieni, si preoccupano della fame. La loro è la grande incertezza. Ma i saggi non considerano il passato. E non si preoccupano del futuro. Né si aggrappano al presente. E attimo dopo attimo seguono la via.
- Nei monasteri Zen i monaci siedono per anni, tutto il giorno. Penserai che stiano meditando. No! Stanno semplicemente seduti, in silenzio.
- L’intera tecnica Zen è basata sulla quarta tecnica di Shiva.
- Prima che una persona studi lo Zen, i monti sono monti e le acque sono acque; dopo una prima occhiata alla verità dello Zen, i monti non sono più monti e le acque non sono più acque. Dopo l’illuminazione, i monti tornano a essere monti e le acque a essere acque.
- La nostra vita e la nostra morte sono la stessa cosa. Quando ci rendiamo conto di questo, non abbiamo più paura della morte e non abbiamo più nessuna vera difficoltà nella nostra vita.
- Lo Zen, che ebbe origine in seno al Buddhismo fu fortemente influenzato dal Taoismo, si vanta di essere «senza parole, senza spiegazioni, senza istruzioni, senza conoscenza». Esso si concentra quasi interamente sull’esperienza di illuminazione e si interessa solo marginalmente di interpretare questa esperienza. Un pensiero Zen molto noto dice: «Nell’istante in cui parli di una cosa, essa ti sfugge».
- Non c’è cura per la nascita e la morte se non godersi l’intervallo.
- Un quarto di secolo dopo il martirio del Giappone, l’Occidente democratico putrefatto dal contagio di Marx, di Freud, della rinata Sinagoga e della Chiesa di Giuda, viene preso da un’infatuazione ignorante e sordida meno per il Buddhismo di “esportazione” che per uno dei suoi aspetti più sublimi, cioè lo Zen. È impossibile dire quali aberrazioni siano derivate da questa parola. […] È stato giustamente detto che il Buddhismo era destinato a morire in India, se fosse stato abbandonato alle proprie risorse e non fosse penetrato in Cina, dove rifiorì in modo tanto sorprendente quanto ammirevole. Il Buddhismo mâhâyana a contatto col pensiero cinese si divise: da una parte, secondo le dottrine dello Zen (ed anche del Kegon e del Tendai), che fecero appello ai lati pratici e intellettuali della forma mentis cinese, e dall’altra, secondo i nuovi principi del Jôdo, o dottrina della “Pura Terra”, che favorirono i bisogni spirituali della mentalità cinese. Queste dottrine e principi, fin dall’XI secolo, trovarono la sostanza ad essi più adatta nell’animo giapponese. Questa forma di Buddhismo è incontestabilmente uno dei più alti metodi dello spirito umano ed una delle più perfette discipline che l’uomo abbia creato per uscire da sé stesso, dimenticando il labirinto delle sue contraddizioni. È stato scritto, non a torto, che tutti gli altri “sentieri” – religiosi o filosofici – girarono intorno alla “montagna”, ma lo Zen, simile ad una strada romana, ride di vani ostacoli e va in linea retta dai piedi alla cima della montagna.
- Quando nello Zen viene chiesto “Che cos’è il Buddha?”, si dovrebbe alzare la mano chiusa a pugno come unica risposta. Quando viene chiesto: “Qual è il significato supremo della Legge Buddhista?”, prima che scompaia l’eco dell’ultima parola si dovrebbe rispondere: “Un ramo di pruno in fiore”, oppure: “Il cipresso nel Giardino”.
- Vedere la forma senza essere contaminato dalla forma, o udire il suono senza essere contaminato dal suono, è liberazione. Gli occhi che non sono attaccati alla forma sono la porta dello zen.
- Il cuore di un essere umano non è diverso dall’anima del cielo e della terra. Nella tua pratica tieni sempre nei tuoi pensieri l’interazione tra cielo e terra, acqua e fuoco, yin e yang.
- Anche un viaggio di mille miglia inizia con un fanale rotto e una ruota bucata.
- Usare la mente per cercare la realtà è illusione. Non usare la mente per cercare la realtà è consapevolezza. Liberarsi dalle parole è liberazione. Conservarsi incontaminato dalla polvere della sensazione è custodire il Dharma. […] Non creare illusioni è illuminazione. Non lasciarsi catturare dall’ignoranza è saggezza. L’assenza di afflizione è nirvana. E l’assenza di fenomeni mentali è l’altra riva. Questa riva esiste quando sei illuso. Non esiste quando ti risvegli. I mortali stanno su questa riva. Ma coloro che scoprono il più grande di tutti i veicoli non sono né su questa né sull’altra riva. […] Coloro che vedono l’altra riva come differente da questa non comprendono lo zen.
- Sul piano psicologico si può anche dire che lo Zen libera energie in noi accumulate, di cui nelle circostanze normali non siamo consci.
- Per lo Zen, gli atti più comuni possono essere compiuti con spirito religioso e debbono elevare la nostra vita.
- La vita è una serie di cambiamenti naturali e spontanei. Non opporre loro resistenza; questo crea solo dolore. Lascia che la realtà sia la realtà. Lascia che le cose fluiscano naturalmente in avanti come sono.
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